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STORIE...



 


*CARLO MATTEINI*  Un genio incompreso?..


Alzi la mano chi non ha uno smartphone oggigiorno. Nessuno, o almeno, nessuno del conosciuto mondo moderno che abbia un intelligenza tale da utilizzarlo. Anche bambini, certo. Vediamo bambini, di 8/9 anni, già con smartphone di ultima generazione che smanettano a più non posso sullo schermo "touch" alla ricerca di chissà cosa...

Ma nel 1967, quando anche solo l'idea del cellulare di come lo conosciamo oggi era impensabile, o almeno fantascientifico, c'era un uomo di elevata cultura ed intelligenza che aveva previsto tutto. Quest'uomo era il Prof. Carlo Matteini. Abbiamo già trattato un paragrafo sul nostro omonimo, con la pubblicazione dell'articolo sull'intervista che rilasciò nel Giugno '67 dello scorso secolo. Potete leggere l'articolo qui. Ma chi era quest'uomo che sapeva guardare "oltre"?

Carlo Matteini nasce in un anno imprecisato sulla fine del 1800. Probabilmente lo troviamo inquadrato come ufficiale di Marina già nella Grande Guerra del 1915/18, vedremo poi il perché di questa certezza. Ad oggi purtroppo non sappiamo con precisione quando ma sappiamo che si laurea in ingegneria elettronica a Roma, e nel Novembre del 1934 viene segnalato, assieme al collega Prof. Ugo Ruelle, per una attiva collaborazione alla stesura di un trattato enciclopedico dell'Istituto dell'Enciclopedia italiana nientemeno che con GUGLIELMO MARCONI sul tema "Radiodiffusione" e "Radiocomunicazioni" perché, citiamo, "distintissimi ufficiali di Marina nonché liberi docenti universitari" ( ecco il motivo di cui facciamo menzione sopra ).
Ugo Ruelle e Carlo Matteini erano già membri del Comitato Nazionale per la radiotelegrafia e telecomunicazioni del CNR, presieduto appunto da Guglielmo Marconi.

Abbiamo citato che nel '34 del secolo scorso Carlo Matteini era appunto ufficiale di marina.
Tra il 1936 e il 1939, ovvero poco prima dello scoppio della II Guerra Mondiale, Carlo Matteini fece costruire, su suo progetto, il comprensorio militare di S.Rosa, dove tuttt'oggi ha la sede il comando in capo della squadra navale, che costituisce il vertice dell’organizzazione operativa della Marina Militare. Lo fece costruire per allestirci l'imponente stazione radio trasmittente.

Nel 1943 era Generale delle Regie Armi Navali ( Capo di Stato Maggiore della Marina N.d.R. ). Con la fine della guerra, agli inizi degli anni '50 dello scorso secolo, tornò al suo primo amore, le radiotelecomunicazioni, dove lo videro docente universitario di Radiotecnica.

A tal proposito, abbiamo ricevuto un aneddoto via mail su di lui da parte di un suo ex allievo universitario, il Sig. Bruno, che riportiamo integralmente così come lo abbiamo ricevuto:

" Ho letto con vivo interesse quanto avete scritto del Prfo. Carlo Matteini e desidero aggiungere alcune informazioni che lo riguardano.
Finita la seconda guerra mondiale ebbe dal governo l'incarico di distribuire agli armatori italiani i lberty messi a disposizione dagli Stati Uniti. Lo fece con equità conquistandosi la stima e la fiducia di tutto l'armamento.
Nel primo dopoguerra il traffico radio delle navi era gestito da una società a capitale pubblico che provvedeva, attraverso i marconisti, a riscuotere il costo a bordo, per inviarlo poi ai ministeri delle poste dei vari paesi a cui competeva.
Gli armatori decisero di fondare una società privata con le stesse competenze e diedero l'inarico al prof. Matteini di fondarla.
Nel 1947 nacque così la Compagnia Generale Telemar e Matteini fu il suo primo amministratore delgato.
Io ho conosciuto Matteini in quanto per oltre 30 anni ho diretto la sede di Genova della Compagnia e devo a lui il mioi primo aumento di stipendio. All'avvvento del transistor affidò all'Autovox l'incarico di progettare e costruire un radiotelefono. Quando fu pronto il prototipo, mi affidò l'incarico di presentarlo a Mantovani, quello della Sampdoria, cosa che feci. A causa deimateriali scadenti usati dall'Autovox l'apparato non ebbe successo.
Un altro ricordo che testimonia la devozione che gli armatori avevano per lui riguardo Lollighetti. Lo avevo accompagnato da Lollighetti; l'armatore lo aspettò sulla porta, lo aiutò a togliersi e a rimettersi il cappotto. Ricordo che passava le vacanze sull'isola d'Elba.


(..)Ancora a proposito di Carlo Matteini e della sua lungimiranza.

Era stato il capo progettista della centrale nucleare del Garigliano e un giorno ci portò a visitarne i lavori di costruzione di cui era il direttore. Nel suo ufficio (una baracca di legno col tetto precario, al centro del cantiere) due delle pareti avevano delle mensole che reggevano molti contenitori da museo di scienze naturali: un agnello con due teste, lucertole con code o zampe in più, e cose del genere. Ci disse che per essere un bravo ingegnere ci si deve saper mettere al riparo da future possibili contestazioni. Lui, appena scelto il sito e prima di iniziare le pratiche di acquisto ed esproprio dei terreni, era andato a trovare tutti i contadini della zona distribuendo un po' di denaro e promettendone molto altro a chi, avendo trovato un animale o una pianta mostruosi, li avesse consegnati senza indugio a un certo notaio in città che avrebbe provveduto a verbalizzare la consegna e a provvedere per la conservazione. Infatti tutti i contenitori avevano il sigillo notarile e tutti i verbali di consegna erano archiviati per data, tutte precedenti all'inizio dei lavori.

Alle nostre domande ci spiegò che, non appena la centrale fosse entrata in esercizio, al primo mostro ritrovato sarebbero spuntati un sacco d'incompetenti a blaterare che le schermature non erano sufficienti e che le radiazioni si diffondevano nell'ambiente e sciocchezze simili; e che a quell'epoca i verbali del notaio e suo mini museo sarebbero stati preziosi per dimostrare che i mostri c'erano anni prima che arrivasse la prima carica radioattiva. (...) E' tutto.
"

Che dire?! Carlo Matteini, un uomo che viaggiava nel tempo con la mente!



..di Scandicci


Nei documenti ufficiali Scandicci compare per la prima volta in un documento della fine del IX secolo in cui la Marchesa Willa di Toscana, madre di Ugo "il Gran Barone" citato da Dante, dona alla Badia di Firenze il castello di Scandicci con le chiese di Santa Maria a Greve e di San Bartolo in Tuto, ma si sono trovate tracce di insediamenti ellenistici e addirittura preistorici, senza contare quelli di epoca romana.
Il 23 maggio 1774 con la riforma leopoldina si istituisce la comunità di Casellina e Torri (vecchio nome di Scandicci) che va ad accorpare un gran numero di piccole comunità. La lega di Casellina comprendeva, oltre alla pieve e al monastero di Settimo, ben 15 popoli: Popolo di Sant'Andrea a Mosciano, Popolo di San Bartolo in Tuto, Popolo di San Colombano a Settimo, Popolo di San Giuliano a Settimo, Popolo di Sant'Ilario a Settimo, Popolo di San Lorenzo a Settimo, Popolo di San Leonardo alla Querciola, Popolo di Santa Maria a Romola, Popolo di Santa Maria a Castagnolo, Popolo di Santa Maria a Mantignano, Popolo di San Martino alla Palma, Popolo di San Piero a Sollicciano, Popolo di San Romolo a Settimo, Popolo di Santo Stefano a Ugnano e Popolo di Santo Stefano a Gabbiola. La lega di Torri era divisa, invece, da 5 popoli: Popolo di Santa Maria a Marciola, Popolo di San martino a Torri, Popolo di San Michele e San Lorenzo a Torri, Popolo di San Niccolò a Torri e Popolo di San Vincenzo a Torri. Alcune frazioni di Casellina e Torri, nel corso del tempo, furono divise con altri comuni limitrofi.
Il 15 marzo 1860 gli abitanti di Casellina e Torri sono stati chiamati ad esprimersi con un plebiscito circa l'adesione o meno al Regno di Sardegna: gli abitanti erano 9.579; su 1.857 aventi diritto di voto, ben 1.587 si espressero per l'annessione e 194 per il regno separato. 76 schede furono dichiarate nulle.
Una lapide, posta nella vecchia sede del Comune, in piazza Matteotti, realizzata un anno dopo il plebiscito da Francesco Mattei, commemora tale evento. Per diversi anni furono programmati festeggiamenti per l'Unità Nazionale ( inclusa la ricorrenza della festa dello Statuto). Una delle celebrazioni più famose si festeggiò domenica 2 giugno 1861 a Pieve a Settimo ( delibera del 14 maggio dello stesso anno).


.. di TEODORO MATTEINI ( pittore )
nacque a Pistoia il 10 maggio 1754 da Ippolito  e Anna Marraccini.
Morì a Venezia il 16 novembre 1831.

E' stato un pittore italiano, principalmente di soggetti storici e religiosi nello stile neoclassico. Eseguì anche numerosi ritratti.

Suo padre, Ippolito Matteini, classe 1720, era un pittore decorativo, che dunque lo avviò all'arte. In seguito Teodoro Matteini si trasferì a Roma per fare da assistente a Domenico Corvi, dopodiché iniziò a collaborare con Anton Raphael Mengs. Messosi poi in proprio, operò nella basilica romana di San Lorenzo in Lucina.

Fu attivo a Roma, Bergamo, Milano e Venezia; in quest'ultima città fu docente di pittura presso l'Accademia di Belle Arti, dove restaurò una vasta collezione di modelli in stucco e terracotta raccolti dall'Abate Filippo Farsetti.

Ebbe numerosi allievi, tra cui Giovanni Andrea Darif, Bartolomeo Ferracina, Odorico Politi, Giovanni Busato, Sebastiano Santi, Francesco Hayez, Ludovico Lipparini.


..di San Marino


..è una piccola Repubblica di appena 61 km², all’interno del territorio italiano, con 1700 anni di storia e di indipendenza. Un piccolo Stato, arroccato su una montagna, il Monte Titano, che nel corso dei secoli XIX e XX, è stato coinvolto nel grande fenomeno dell’emigrazione europea ed extraeuropea. Le tappe, i tempi e i modi di questo esodo di massa, che ha investito e trasformato la struttura sociale, culturale ed economica dello Stato, sono da diversi anni oggetto di studio del Centro Studi Permanente sull’Emigrazione-Museo dell’Emigrante, che ha realizzato una serie di pubblicazioni volte a ricostruire e rivalutare la storia e la memoria dell’emigrazione, un fenomeno che ha rappresentato uno dei tratti più caratteristici della storia contemporanea di San Marino.
Emigrare per i Sammarinesi, nei secoli scorsi, era un modo di vivere e di sopravvivere, quasi una consuetudine tramandata di padre in figlio per generazioni e prima di assumere il carattere di esodo di massa, tale da sconvolgere antichi equilibri, l’emigrazione veniva usata come risorsa. Gli emigranti, regolando il proprio flusso secondo l’andamento stagionale dei lavori agricoli, si muovevano lungo itinerari ben conosciuti che già altri Sammarinesi avevano tracciato e secondo calcoli di convenienza ben precisi.

Alla fine del XIX secolo l’emigrazione sammarinese si diresse soprattutto verso gli Stati Uniti, l’Argentina e il Brasile. Si trattò di un fenomeno considerevole, perché per la prima volta non partirono solo singoli lavoratori, ma interi nuclei familiari, e questo dimostra che ormai gli equilibri garantiti dal tradizionale pendolarismo si erano spezzati.

Durante il primo conflitto mondiale, la prima guerra mondiale, che lasciò gravi tracce in tutti gli stati europei, sia per le spaventose perdite di vite umane e di grosse quantità di beni materiali, sia per  le difficoltà e i problemi enormi che ne derivarono , il processo migratorio si arrestò e cominciò il massiccio forzato rimpatrio di buona parte dei Sammarinesi emigrati.

La fine del secondo conflitto mondiale, nel 1945, segnò anche la ripresa dell’emigrazione. Le principali mete erano ancora gli Stati Uniti, la Francia, la Svizzera e il Belgio. In questi ultimi tre Stati europei si richiedeva soprattutto manodopera nelle miniere e nei cantieri in costruzione, che erano ormai gli unici ad offrire possibilità di lavoro.
Spesso erano uomini soli, adolescenti o adulti, altre volte si trattava dei genitori che lasciavano i figli piccoli ai nonni, altre volte ancora erano giovani ragazze o intere famiglie. Partivano, ritornavano e poi ripartivano di nuovo. Un andare e tornare per far fronte alle urgenze della vita, per costruire una casa, per comperare un podere, per aprire una prima attività autonoma, per sposarsi.

Non è stata ancora realizzata una dettagliata analisi del turnover e del saldo migratorio, ma partenze e rientri sono stati una costante nell’emigrazione dei sammarinesi e questa caratteristica è emersa in particolare nella prima raccolta delle testimonianze orali avviata, nel 1995, in vista della nascita del Museo dell’Emigrante-Centro studi sull’Emigrazione.

 
 
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